venerdì 22 febbraio 2008

Dalla monografia...


FISICO - ECONOMICO - MORALE
di
V E N A F R O
per
Francesco Primicerio Lucenteforte
Parte Seconda

STATO ECONOMICO

con riferimento all'anno 1878 a pag.154 . In essa vengono trattate le diverse maniere di ulivi che si coltivano in Venafro denominandole con i loro vocaboli vernacoli (del paese).

D E S C R I Z I O N E :

I. ULIVA SPAGNUOLA. E' conosciutissima in tutti i paesi anche non olearei per l'uso che se ne fa, essendo assai buona a mangiare dopo tolto l'amaro. Pochi alberi se ne vedono in Venafro; e l'uliva rende olio scarso e poco piacevole, sebbene sia polputa per grosso pericarpio, (parte del frutto che avvolge e protegge il seme) ed abbia piccolo l'osso.
Questa maniera di uliva pare che sia la Orchis di Columella, e la olea fructu maximo di Garidel e di Tournefort.

II. GAETANA. Frutto poco più piccolo della precedente, con una scarsa polpa ed osso grande, tempestato da picciolissimi punti bianchi visibili anche dopo il perfetto annerimento. Cotal maniera è rara e poco pregiata in Venafro.

III. GROSSA. Frutto più piccolo ancora del precedente, ma più carnoso; presenta nella base una grossezza maggior di quella che è nella parte che si unisce al petale. E' ricca di olio, ma contiene molta morchia; occupa quasi un decimo degli ulivi Venafrani, e pare essere la Regia di Columella, e la olea fructu majori, carne crassa di Garidel e di Tournefort.

IV. LUCEGNA O PALLANTE. L'uliva ha una figura sferica un pò schiacciata ai punti estremi e però detta Pallante ed è di color lucidissimo, donde il nome Lucegna; ha grossezza maggiore della precedente, matura presto, dà olio finissimo e poca morchia; l'albero cresce poco ed è raro. Questa maniera sembra che sia la Olea maxima subrotunda di Garidel e di Tournefort.

V.
RESCIOLA, o piuttosto ROSCIOLA, nome corrotto di Rossuola, perchè nel dialetto venafrano dicesi la tal cosa essere roscia per rossa; e cotal maniera è chiamata così, perchè il frutto non mai perfettamente annerisce, ma si mantiene rossastro sino alla perfetta maturità. Il frutto nella forma è simile a quello del N° III, ma poco più piccolo, ed ha nella punta una specie di capezzolo come quello dond' esce il latte. L'olio ne è abbondante, e si distingue per la sua delicattezza. Questa maniera occupa la sesta parte in circa de' nostri uliveti, ed è la Sergia di Columella, e la Olea minor rotunda, ex rubro et nigro variegata di Garidel e di Tournefort.

VI. AURINA. Ecco la tanto celebrata Licinia degli antichi, la quale viene chiamata da Venafrani aurina quasi aurea e per l'olio che produce di qualità sopraffina, per la quantità, dandone molto, e pel colore dell'olio simile all'oro. Il frutto è di figura ovale ma rotonda ne' due estremi, e pende dall'albero a folti grappoli di color nero - lucido. L'albero cresce assai alto e ramoso; le fibre del legno vanno come a spira, il che è visibile anche esternamente. Occupa quasi la quarta parte de' nostri uliveti. Havvene una varietà più piccola della Aurinella.

VII. ROTONDELLA.
Frutto come il precedente per la figura e pel colore, ma poco più piccolo e meno ovale. L'olio ne è buono ed abbondante, ma l'albero è raro, e cresce assai alto, spandendo molto i suoi rami. E' la Olea minor rotunda racemosa di Garidel e di Tournefort.

VIII. TRIGNOLA. Frutto tondeggiante, ma non sferico perfettamente, ricoperto di sottilissima polvere tendente al violetto come nell'uva nera, la quale polvere togliendosi con le dita, il frutto comparisce d'un nero assai lucido, produce buon' olio; l'albero non cresce molto ed è forse il più piccolo di tutte le varietà! Pare essere la Pausia di Columella, e la Olea minor rotunda rubro nigrigans di Garidel e di Touenefort. Havvene una varietà a frutto più piccolo detta Trignolella.

IX. COGLIONI DI GALLO.
Frutto della figura e della grossezza de' testicoli de' galli, da' quali prende il nome; ha poca carne ed osso grande; dà olio buono, ma scarsissimo, e si raccoglie verde, usandosi per la tavola. L'albero è raro e di mezzana grandezza. Sembra essere la Circites di Columella, e la Olea sativa major, oblonga, di Garidel e di Tournefort.

X. OLIVASTRO BREVE. E' da notarsi prima di tutto che nel dialetto venafrano il vocabolo olivastro non corrisponde all' oleaster degli antichi, ma è una maniera d' ulivo niente selvaggia. Il frutto di cotal maniera è di mezzana grandezza, matura presto, come presto l'albero fiorisce; è della figura quasi del cuore, perocchè il peduncolo non s'attacca giusto nel mezzo, ma un poco di lato, e termina a punta. Produce olio e capace a conservarsi per più anni. L'albero cresce gigante e ramoso forse più dell'Aurina; la corteccia non si screpola come quella delle altre varietà, ma è più liscia e di color cenericcio; nell'assieme presenta un aspetto assai robusto. Occupa quasi l'ottava parte de' nostri uliveti, e sembra che sia il Radius di Columella, e la Olea media, oblonga, fructu carni di Garidel e di Tournefort.

XI. OLIVASTRO DRITTO. Questa maniera occupa pure l'ottava parte de' nostri uliveti, e sembra essere una varietà della precedente, differendone solo per essere il frutto e le foglie più grandi, il peduncolo più allungato, e l'albero poco più piccolo. Il frutto presenta la specialità di essere punteggiato di bianco.

XII. OLIVASTRELLO. Simile al precedente, ma il frutto è più esile. E' il radiolus degli antichi. Quest'ultime tre varietà hanno i ramoscelli assai sottili che si ripiegano verso terra come in alcune maniere di salici.

XIII. GHIANDARA. Frutto simile alla ghianda per la figura, ma poco più piccolo, ritarda molto ad annerire, dà olio mediocre nella qualità e nella quantità, ed è sostenuta da peduncolo pittosto lungo, e giace sull'albero a grappoli non folti; le foglie sono d'un verde slavato, lunghe e larghe; l'albero non si fa molto grande, ed è raro. Pare essere la Olea fructu majuscolo et oblongo di Tournefort.

XIV. CIRCELLUTA. Frutto poco più piccolo del precedente, annerisce più presto, dà olio di migliore qualità ed in maggiore quantità; è sostenuto da un peduncolo più corto, e i grappoli sono assai folti, il che lo rende specioso negli anni di abbondanza. Non è la Circites di Columella, ma una varietà della precedente.

XV. GNAGNARO. Frutto della figura dell'olivastro, ma assai piccolo, annerisce presto e dà buon olio, le foglie sottili e lunghe sono rivolte dritte in aria. E' l' oleaster dgli antichi. Ve ne ha una varietà chiamata Gnagnariello.

XVI. LAGRIMELLA, O GNAGNARO TONDO. Frutto simile al precedente per la picciolezza, ma di figura rotonda. Pare che sia la Olea fructu minori e rotundiori di Tournefort.

XVII. ULIVA DI S. ANNA, ossia BIFERA. Questa varietà fiorisce due volte all'anno ed arreca due diversi frutti; il primo assai grosso e lungo, e portante nell'estremità opposta al peduncolo una spezie di capezzolo, come nella resciola descritta al N°. V, e matura a Dicembre; l'altro piccolo, rotondo, della forma e grossezza delle bacche di ginepro, e matura ad Aprile. Questa varietà sebbene curiosa, non è di pregio nè per la quantità, nè per la qualità dell' olio. Cinque alberi ne abbiamo trovati negli uliveti Venafrani e tutti di aspetto misero. Sopra questa maniera di ulivo non sprecheremo molte parole, perchè siamo persuasi che l'essere bifera avviene come della vite, e di altre simili varietà capaci di fiorire e fruttificare a diverse riprese in un determinato periodo, siccome diceva il ch. Michele Tenore in una lettera che ci diresse nel 1843.

XVIII. ULIVO MASCHIO. I nostri contadini danno tal nome ad una varietà d'ulivo, la quale si carica abbondevolmente di fiori sì che non si discernono le foglie, e pochissimi frutti arreca. Essi credono essere questa pianta necessaria alla fecondazione degli altri ulivi, e perciò ne fanno crescere un individuo in quasi tutti i poderi ulivetati. Gli ulivi non hanno bisogno dell'individuo maschio per la fecondazione, appartenendo essi alla classe Diandria monoginia di Linneo, i cui fiori sono ermafroditi; che se in diverse piante d'ulivo abbiamo osservato in qualche fiore delle mostruosità, ciò è stato per la parte degli stami, non mai del pistillo, avendo trovato alcun fiore a tre stami, ma non mai uno senza il pistillo. E' falsa dunque la loro credenza sopra gli ulivi voluti maschi, in ognuno de' quali, che ci sono stati indicati, abbiam sempre veduto del frutto.
E qui ci sembra pregio dell'opera riferire il modo che hanno i venafrani nella propagazione e nella coltivazione degli ulivi; ne noteremo particolarmente i difetti nella speranza di vederli corretti. Poichè, come dicemmo nella prefazione al citato Canto sugli ulivi di Venafro, questa pianta sfida le incurie dell'agricoltore più di qualsiasi altro albero, ma non resiste ad una cattiva coltivazione. Quindi si veggono spesso le piante incolte fruttificare e sterili alcune altre che molta cura han ricevuta; il che, ha fatto credere a taluni doversi gli ulivi abbandonare all'opera della natura. Niente di più erroneo! Se l'ulivo incolto dà frutto, ciò proviene dalla buona sposizione e da altre favorevoli condizioni nelle quali si trova; ma questa è fecondità che non dura. Al contrario se i coltivati isteriliscono ciò dipende dall'arte malamente applicata.

COLUMELLA, Lucio Giunio Moderato ( I secolo d. C.) Scrittore latino di agronomia, nato a Gades (Cadice) vissuto lungamente in Italia (Albano) : De re rustica.

GARIDEL, Pierre Joseph medico botanico francese nato nel 1703 e morto nel 1870.

TOURNEFORT, Joseph Pitton (1656-1708). Fece un viaggio nei paesi del Levante e in Africa, e descrisse c. 130 piante nuove.

Grazie per l'attenzione mostratami e arrivederci a presto. Intanto ammirate questa nostra splendida Cattedrale prima del restauro. Ciao.


domenica 17 febbraio 2008

Giovinezza e prosperità...

...non durano a lungo. In questo momento forse vi credete in piena prosperità; vi sembra senza pericolo il soddisfare una piccola fantasia; ma sole di mattino non dura tutta la giornata. Finchè potete risparmiate per l'ora della vecchiaia e del bisogno. Il guadagno è passeggiero e incerto: ma, finchè si vive, la spesa è certa e costante. E' più agevole fabbricare due camini che riscaldarne uno, come dice il buon Riccardo; per ciò è meglio coricarsi senza cena, che alzarsi indebitati. Guadagna più che puoi, conserva bene ciò che guadagni: ecco la pietra filosofale che cambierà il tuo piombo in oro.
E quando avrete quella pietra, non vi lamenterete più del rigore del tempo, nè della difficoltà di pagar le imposte.

B. Franklin (Trad. di P. Rotondi)

Come si può vedere...


in questa foto storica, all'angolo del laghetto, mancano gli alberi del tempo presente.
Quanti anni può avere questa foto? Chi lo sa può inviarmi un commento. Grazie e buona domenica.


domenica 10 febbraio 2008

Come santo Francesco...

dimesticò le tortore selvatiche.
Un giovane aveva preso un dì molte tortole, e portavale a vendere. E scontrasi in lui santo Francesco, il quale sempre aveva singulare pietà agli animali mansueti, riguardando quelle tortole con l'occhio piatoso, disse al giovane : " O buon giovane, io ti prego che tu me le dia, e che uccelli così innocenti, a' quali nella santa scrittura sono assimigliate le anime caste e umili e fedeli, non vengano alle mani dei crudeli che gli uccidano". Di subito, colui, ispirato da Dio, tutte le diede a santo Francesco; ed egli, ricevendole in grembo, cominciò a parlare loro dolcemente ; " O sirocchie (sorelle) mie, tortole semplici ed innocenti e caste, perchè vi lasciate voi pigliare? Ora ecco io vi voglio scampare da morte e farvi nidi, acciocchè voi facciate frutto e moltiplichiate, secondo il comandamento del vostro Creatore". E va santo Francesco e a tutte fece nido. Ed elle, usandogli cominciarono a fare uova e figliare dianzi alli frati, come se fussono state galline sempre nutricate ( nutrite) da loro. E mai non si partirono, insino a tanto che santo Francesco colla sua benedizione diede loro licenza di partirsi. E al giovane che gliele aveva date, disse santo Francesco : " Figliuolo, tu sarai ancora frate in questo Ordine, e servirai graziosamente a Gesù Cristo ".
E così fu; imperocchè il detto giovane si fece frate, e vivette nell'Ordine con grande santità! A laude di Cristo. Amen.
Fioretti di S. Francesco. Dalla Antologia Italiana di Corrado Zacchetti Ed. Sandron.

Venafro...


il lavatoio. Non sono in grado di fornire l'anno cui si riferisce questa foto storica ma certamente è anteriore al 1928 in quanto, in tale data, fu costruito l'attuale lavatoio. Sono grato a chiunque potrà darmi notizia precisa a riguardo, anche personalmente. A presto.



martedì 5 febbraio 2008

Oggi, mercoledì....

6 febbraio 2008 ha inizio la Quaresima. Dura 40 giorni e va dal mercoledì delle Ceneri al mezzogiorno del Sabato santo. Ma non sono qui per parlare dei riti della settimana santa in Venafro. Perciò, si rimanda alla lettura del libro del compianto amico G. Atella "C'era una volta Venafro ", pp. 35-39. Voglio però raccontarvi di una usanza tradizionale lucchese il cui contenuto mi ha appassionato. La lettura è stata tratta dal libro di Carlo Calcaterra " Impara per la vita" della editrice S.E.I di Torino pubblicato nel 1929. Dunque essa si intitola:

"La quaresima è passata".

La mattina del Sabato Santo si sa che si sciolgono le campane legate fino dalla mattina del Giovedì santo dal momento che è stato riposto Gesù nel sepolcro. Allora bisogna stare attenti, e quando si sentono quelle del proprio paese o della propria parrocchia, bisogna inginocchiarsi, chinarsi e baciare la terra e dire:
Terra bacio e terra sono; Gesù mio, vi chiedo perdono!

Quella mattina lì è comune tra i ragazzi la strofetta:


Sabbato Santo
perchè sei stato tanto? ( hai tardato tanto)
perchè non sei venuto?
- Perchè non ho potuto: (risponde lo stesso Sabato santo).
Domenica mattina
un coscio di gallina,
'no spicchio di pasimata; ( la pasimata è una specie di pane con zafferano e anaci ed ha una forma sua particolare) (Idelfonso Nieri)
***

E or ora vedremo il perchè.
Una volta erano quaranta giorni di vigilia veramente nera, cioè non solo senza carne, ma senza uova nè latticini di nessun genere, senza che nessuna bottega potesse vendere nulla di grasso, chi non presentasse (se non a chi non presentasse) la ricetta del dottore vista e firmata dal parroco, al punto che un anno, cioè il 1818, (era allora Duca di Modena, Reggio e Mirandola il famigerato Francesco IV d' Austria), il Duca di Modena il primo giorno di Quaresima mise guardie apposta per tutta la città e fece sequestrare quanto latte e uova vi erano state introdotte. Era cosa dunque aspra e penosa arrivare al Sabato Santo aspettato in gloria dalla gente, piena di cavoli, fagioli, aringhe, salacche, sorra (schiena salata del tonno) e baccalà, come ci fa fede la canzoncina, che già ricordammo:
Sabbato Santo,
perchè sei stato tanto?
e l'altra strofetta che è pure sempre viva e molto comune:
Ohimè! disse il maturo, ( l'uomo maturo, attempato)
la Quaresima m'ammazza! Ma se posso arriva' a Pasqua, vo' mangiare un uovo duro!

Perciò arrivato il giovedì di mezza Quaresima, i ragazzi facevano un fantoccione di cenci, sfogli di granturco o di capecchio, (materia liscosa e grossa, che si trae dalla prima pettinatura del lino e della canapa, avanti alla stoppa. E' così detto perchè si leva dai due capi del lino, cioè barbe e cime), lo vestivano e imbauttavano (imbauttare = coprire con piccolo mantello e cappuccio da maschera, ) a vecchia e poi con una vera sega da segantini (segatori di legname per mestiere) o da legnaiuoli lo segavano per metà tra i fuochi, le baldorie e l'allegria generale, pensando: "Intanto mezza è passata! Coraggio! passerà anche l'altra mezza!" (di qui è derivata la frase "segare la vecchia", cioè la Quaresima.

L'ultima sera poi di Quaresima, la sera del Sabato Santo, quando era passata tutta, allora bruciavano la vecchia e mi ricordo di avere assistito anch'io, bimbetto, a questo spettacolo. Facevano il solito fantoccio a vecchia e poi preparavano un mucchio di foglie, paglia, brucime minuto, prunacci secchi e gli davano fuoco; e sul più bel del Bubbarone (bella fiammata specialmente all' aperta campagna) ci buttavano su questa povera figura della Quaresima e balli e salti e risate dei ragazzi e anche della gente fatta e stagionata.

sabato 2 febbraio 2008

E' con vero piacere...

anche se con un pò di ritardo, mostrare ai gentili visitatori ancora qualche foto riguardante il Carnevale visto che domani domenica e martedì prossimo, sono gli ultimi giorni dei festeggiamenti. In totale le foto sono tre. Queste prime due si riferiscono all'anno 1972. In esse si riconoscono, partendo da sinistra, Biasiello Gabriella, Miele Roberta, Patriciello Sara, Migliarino Stella, Migliarino Elda, Palumbo Gina, Cimino Marilena, Cardarelli Rita, Migliarino Paolo e Migliarino Filomena buonanima, (organizzatrice) al centro. Il luogo è il piazzale antistante la stazione ferroviaria.



In questa seconda foto, partendo da destra, troviamo di spalle Biasiello Gabriella, Miele Roberta, Angiolillo Assuntina e, a seguire, altri che non sono riuscito a identificare. Al centro la coppia Gabriella e Paolo che si scambiano un bacio innocente.



In questa terza foto siamo nell'anno 1974 . La mascherata è intitolata " Vino e austerità".
Sono riconoscibili sul rimorchio, da sinistra , Mario Simeone alla fisarmonica, Antonio Ciallella buonanima, Franco Passarelli. A terra, in primo piano, Palazzo Nicandro buonanima alle cui spalle c'è il sottoscritto, di fianco e, a destra, Nicandro Dappollonio nelle vesti di un arabo.


F I N E