venerdì 25 aprile 2008

I sensi degli animali.

Il gusto e il tatto sono i sensi più perfetti nell'uomo ma esso è superato negli altri sensi da molti animali. Le aquile hanno vista più acuta, gli avvoltoi odorato maggiore; le talpe odono meglio, ancorchè vivano sotto terra, elemento così per natura duro e sordo. Infatti esse sentono il nostro parlare, sebbene la voce tenda ad innalzarsi, e, se si parla di loro, dicono che tosto se ne avvedono e fuggono altrove. Non è verosimile che le ostriche marine abbiano l'udito, ma si dice che esse, appena sentono rumore, si tuffano nell'acqua: per questo coloro che vanno alla pesca son soliti mettersi in silenzio. Certamente anche i pesci non hanno nè membra nè fori atti all'udito, ma è certo che odono, come dimostra il fatto che noi li vediamo nei vivai ad un dato rumore radunarsi e prender l'esca, come pure nelle vasche di Cesare (probabilmente ne' giardini dell'imperatore Vespasiano) varie razze di pesci si avanzano a nome a prendere il cibo... E non vi è dubbio che abbiano anche l'odorato, perchè non tutti si prendono con la medesima esca, e questa ben bene fiutano prima che si decidano ad ingoiarla. Il polpo non si può staccare dallo scoglio, ma, se vi accosti un pò d'erba che si chiama santoreggia, subito si ritrae per fuggire quell'odore. (L'erba santoreggia è una pianta detta comunemente cunella - latino cunila - della famiglia delle labiate, assai in uso presso gli antichi nella pratica dela cucina, come l'aglio e la cipolla. Se ne conoscono e se ne coltivano diverse specie, delle quali una specialmente è ricordata per il suo sapore acre ed irritante). Le serpi fuggono l'odore del corno di cervo, le formiche muoiono all'odore dell'origano o della calcina o dello zolfo. Le zanzare sono attratte dalle cose acetose, ma non volano sulle cose dolci. Il tatto è senso comune a tutti gli animali, anche a quelli che son privi degli altri sensi; infatti lo hanno anche le ostriche e i vermi della terra.

PLINIO IL VECCHIO
(Traduzione di Guido Pasquetti). Dalla "Naturalis Historia" di Plinio il Vecchio

mercoledì 23 aprile 2008

La tomba del ricco e la tomba del povero.

Ho veduto il figlio di un ricco che sedeva presso la tomba di suo padre e aveva attaccato disputa col figlio di un povero, e diceva: - L'arca del sepolcro di mio padre è di pietra, e v'è un'iscrizione dipinta e v'è posto sotto uno strato di marmo, e vi sono incastrate lastre di turchesi. Nella tomba del padre tuo che resta mai? Vi sono stati posti insieme due mattoni e vi è stato gettato sopra un pugno o due di terra. - Il figlio del povero stette ad ascoltare; poi disse: - Taci! che prima che il padre tuo si sia mosso di sotto a queste pietre pesanti, il padre mio già sarà giunto in paradiso.

SAADI
(Traduzione di I.Pizzi)

lunedì 21 aprile 2008

Povero vecchio!

un Vecchio, cui tremavano le ginocchia, saliva lentamente il clivo (collina, pendìo) Capitolino. Tutti i cittadini, che lo vedevano, lo salutavano con grande venerazione: egli era infatti uno dei più illustri uomini della città. Quattro ragazzi, che giocavano sulla via, visto il vecchio si misero a gridare: - Chi sei? donde vieni? perchè tremi così? vieni qua: vogliamo giocare alla palla con te. - Il vecchio con faccia serena: - Le vostre ingiurie - disse - mi dispiacciono, perchè dimostrano la vostra inurbanità (maleducazione, inciviltà dei modi). Voi non sapete chi sono, ma io più volte ho combattuto, e porto ancora i segni delle ferite; quindi molto più grave è il vostro fallo. Voi offendete non solo un povero vecchio, ma anche un glorioso difensore della patria. Alle quali parole commosso un cittadino, che lì si trovava percosse col bastone il più insolente dei quattro ragazzi. Questi, veduto il pericolo, fuggirono. Il buon vecchio a passo lento continuò il suo cammino.

Dagli scrittori latini.

sabato 19 aprile 2008

IL POZZO DELLA VERITA'

Un uomo dabbene, avendo udito dire che la Verità sta in casa nel fondo di un pozzo, s'immaginò, senz'altro, che quel pozzo avesse ad essere il suo, e prese partito di volernela trar fuori, per farsene una buona massaia. Egli è certo che la Verità sarebbe una gran buona massaia, chi riuscisse a condursela in casa (Intendi: sarebbe una buona massaia per chi riuscisse a condursela in casa) e le facesse smettere quel mal vezzo di occuparsi in tante cose astratte, che non ci giovano e non ci riguardano. Ond'è che, senza por tempo in mezzo, cominciò a mandar giù il secchio in quel suo pozzo, ch'era molto grande e profondo, e a tirarnelo su pien d' acqua; e ripetendo il gioco infinite volte, sempre s'aspettava di trovar nel secchio la Verità, e non trovandovela,versava l'acqua in terra e la lasciava sperdere. Durò in questa fatica più giorni, tanto ch'ebbe votato il pozzo; e pur non volendosi capacitare, si legò alla fune e si fece calare in quel fondo; ma non vi trovò se non molta melma, nella quale frugando, s'infardò (infardarsi: imbrattarsi) ben bene.
Così rimase senza la Verità e senza l'acqua, e poco mancò che quella state (aferesi di estate) non morisse di sete. E gli andarono a male il giardino e l'orto.

Arturo Graf

Nacque ad Atene il 19 Gennaio 1848. Insegnò letteratura itajiana nella R. Università di Torino.

La verità è in un pozzo: frase tradizionale, diventata popolare. Intorno ad essa così scrisse Gaspare Gozzi nel secolo XVIII: "Questa sentenza vuol notificare agli uomini che la verità è occulta, sta in una grandissima profondità e che è una fatica e uno stento gravissimo il ripescarla e il tirarla fuori di quelle tenebre e scoprirla agli occhi dei mortali".

domenica 13 aprile 2008

L'ORIGINE DELLE NOZZE D'ARGENTO.

Molti sono curiosi di conoscere l'origine della cerimonia delle nozze d'argento, che si usa celebrare dopo venticinque anni di matrimonio, come si celebra dopo cinquant'anni quella delle nozze d'oro.
Dopo qualche paziente ricerca ne' più antichi volumi di storia si è trovato questo racconto.
Il monaco di Cluny (in Francia, celebre per l'abbazia benedettina, fondata nel 910), che scriveva cronache dal 1000 al1040, racconta: " Ugo Capeto, che fu re di francia nel 987, visitando i sobborghi di Parigi, dove aveva da liquidare l'eredità di uno zio mercante di bestie, trovò al servizio di costui in villano che era incanutito nel lavoro mantenendosi celibe e dimostrando un grande attaccamento al padrone; sicchè per venticinque anni non si erano disgustati mai ed era diventato come persona di famiglia.
Nella stessa fattoria, dalla stessa epoca e con gli stessi meriti, ritrovavasi una donna, che a sua volta non era andata a marito.
Sentita la storia di costoro, Ugo Capeto, gentile e valorosa persona com'era, se li fece venire davanti, e disse alla donna: - Il tuo merito è grande assai più che non quello di costui, che pure è grandissimo, perchè ben più difficile cosa è la costanza della donna nella schiavitù del lavoro e dell'obbedienza, che non quella dell'uomo. Ora io vorrei darti un premio, nè so quale maggiore potrei darti all'età tua, di una dote e di un marito. La dote è pronta; questo fondo da oggi è cosa tua; se costui che lavorò teco per venticinque anni acconsente a impalmarti, è pronto anche il marito.
- Maestà - mormorò il villano confuso - volete voi che ci sposiamo coi capelli d'argento?
- E saranno nozze d'argento - rispose il re - e io vi darò fin da questo momento la fede nuziale.
E toltosi dal dito un anello d'argento tempestato di gemme, lo pose al dito della donna e unì le mani di quei due che lagrimavano dalla commozione.
L'avventura si riseppe in tutta la Francia e si proclamò con tanto clamore e con tanto entusiasmo di popolo, che vuolsi da essa abbia avuto principio la costumanza delle nozze d'argento, delle quali le nozze d'oro non sono che una imitazione alla stessa distanza.

Giuseppe Pitrè


G. Pitrè, medico e letterato siciliano, nato a Palermo il 1842, morto senatore del Regno il 1916, illustrò con numerosi volumi i canti, le leggende, le tradizioni, i giuochi, i proverbi della Sicilia e di altre regioni d' Italia. Raccolse anche le Novelle popolari toscane.

martedì 8 aprile 2008

Così Petrolini...

Ettore Petrolini, nasce a Roma (1884-1936) . Attore del teatro e del varietà in lingua e in dialetto romaneso, creatore di macchiette parodistiche di singolare efficacia comica, ricche talvolta di patetica umanità.
Ecco alcuni suoi "Colmi".
Il colmo dell'amore
: Nutrire per la propria amante un'affezione... cardiaca.
Il colmo della paura: Spaventarsi alla vista di una fiera... di beneficenza.
Il colmo della forza, per un freddurista: Sollevare... l'indignazione di chi lo ascolta.
Il colmo di un ingegnere: Costruire una volta...per sempre.
Il colmo di un sarto: Cucire le falde...dell'Appennino con Lago Maggiore.
Il colmo di un cane: dimenare la coda... dell'occhio.
Il colmo di un cane: Guardare... in cagnesco.
Il colmo di una gallina: Farsi venire la pelle... d'oca.
IL colmo per un sarto: Fare un discorso... scucito.
Il colmo della distrazione: Addormentarsi, dimenticando...di chiudere gli occhi.
Il colmo di una guardia di P.S. : Arrestare... un'emorragia.
Il colmo per un elettore: Votare per l'on. Astengo.
Il colmo di un prete: Bersi un Cappuccino.
Il colmo per un soldato: Restare solo in compagnia.


sabato 5 aprile 2008

Presso gli antichi Romani...

dei dodici mesi marzo era il primo, gennaio l'undicesimo, febbraio il dodicesimo. Ma dopo Giulio Cesare le calende di gennaio (ianuariae) segnarono il principio dell'anno, e fino ad ora noi conserviamo degli antichi mesi i nomi e la serie.
a) Gennaio era il mese di Giano ( si celebravano le feste essendo il dio del principio, e perciò del mattino e del primo mese dell'anno);
b) Febbraio, era il mese della purificazione e cioè si purificavano le persone e le cose e si facevano secondo il rito sacrifici espiatori agli dei;
c) Marzo,
era il mese di Marte o Ares. In Roma, Ares, era una delle principali deità e poichè aveva generato Romolo, era considerato come padre dei romani.
d) Aprile,
il mese che apre ogni germe di vita; si facevano preghiere alla dea Flora;
e) Maggio, il mese che sviluppa o rende maggiore ciò che si è schiuso alla vita, oppure mese di Maia, madre di Mercurio. Ovidio dal suo nome fa derivare quello, del mese di maggio.
f) Giugno, il mese di Giunone o di L. Giunio Bruto che cacciò da Roma i Tarquini;
g) Luglio, il mese di C. Giulio Cesare;
h) Agosto, il mese di O. Cesare Augusto;
i) Settembre, il mese settimo (dopo Marzo);
l) Ottobre, il mese ottavo;
m) Novembre, il mese nono;
n) Dicembre, il mese decimo;

F I N E

Un apologo di LEONARDO DA VINCI.

L'ostrica, il ratto e la gatta. - Sendo l'ostrica insieme colli altri pesci in casa di pescatore scaricata vicino al mare, pregò il ratto, che al mare la conduca; e 'l ratto, fatto disegno di mangiarla, la fa aprire; e mordendola, questa li serra la testa, e sì lo ferma: viene la gatta e l'uccide. (chi fa male aspetta male)

giovedì 3 aprile 2008

Così scriveva... ( ultima puntata).

Il Rione Porta Romana comprende:

1° Piazza Garibaldi. E' questa un grande e vasto terrazzo, che guarda la sottostante strada Porta Romana, e non ha bisogno di verun cangiamento.

2°. Strada Garibaldi con un vicolo. E' un'ampia e bella strada ultimamente rifatta con marciapiedi, tra non dispregevoli fabbricati.

3°. Strada Anico da Venafro ( questi è il celebre Amico Santa Barbara, del quale parla con lode il Guerrazzi) con un vicolo. Mancando questa strada della necessaria ventilazione, non trovasi in favorevoli condizioni sanitarie, e per la vicinanza delle acque è umida e sucida. Aprendosi dal vicolo, che porta lo stesso nome, una strada dritta sino all'ex Monastero del Carmine, tutto quel basso quartiere, che va compreso sotto il nome di Borgo, da lurido e malsano, ch'è, diventerebbe pulito e salubre.

4°. Strada Porta Romana. E' la più ridente strada di Venafro, tutta spirante poesia ed amore. E' come un piccol molo sopra una grande vasca di limpide acque ivi sorgenti. Quivi sono diverse fontane, ove recansi all'imbrunire del giorno le giovani figlie di Venafro ad attingere fresche e chiare acque; quivi un fiorito passeggio di donzelli e donzelle, che tutte le sere convengono al sospiro d'amore. Questa strada comunicando con la provinciale della Nunziata a Lungo, vedesi sempre animata.

5°. Lrgo Annita con un vicolo. Partecipando questo largo alla leggiadria della strada Porta Romana vedesi anch'esso voluttuoso e ridente; ciò non ostante lascia ancor molto a desiderare, sebbene sia da una piantagione d'alberi abbellito.

6°. Strada De Bellis. Il Primicerio Antonio De Bellis per un cuore ricco di carità, si rese benemerito, per più titoli, della sua terra natale. Egli faceva di sue rendite più ricco l'Ospedale esistente in Venafro; egli per testamento quivi istituiva delle scuole sì maschili che femminili, le dotava di rendita, e ne dedicava all'uopo l'intiera sua casa di abitazione; e se vi si godeva d'una biblioteca ricca di molte migliaia di volumi, era stato l'effetto, d'una sua generosa largizione. Meritatamente dunque Venafro gli si è mostrata riconoscente e grata, dando il suo nome ad una delle sue strade.
Questo rione conta 612 abitatori di stabile dimora,156 piani superiori abitati, 38 piani terranei abitati,172 famiglie.

I sopra descritti tre rioni formano propriamente l'intiero caseggiato di Venafro nel perimetro di circa 2100 metri, spazio ben ristretto per una popolazione di 4300 anime.
Il quarto rione, che prendiamo ora a descrivere chiamato Ceppagna è formato dal villaggio che ne porta il nome, e da due altri picciolissimi Casa Matteo e Noci, tutti tre distanti di un cinque chilometri da Venafro all'Ovest. Siffatto rione è abitato esclusivamente da coltivatori di terre e da pastori. Indescrivibile n'è il sudiciume; chè ogni via è ingombra di mucchi di letame in fermentazione: le strade sono strette e tortuose, e quel ch'è più, ad ogni piè sospinto t'incontri con maiali, capre, pecore, ciuchi, muli, bovi. Contiene 247 abitatori. 29 piani superiori abitati, 50 terranei abitati e 79 famiglie.

F I N E